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L’imperialismo italiano, a differenza di quello che dicono alcuni campisti confusi, si è dimostrato essere abbastanza feroce. Non regge il passo con quello USA e britannico oppure con il sionismo, tuttavia non dobbiamo dimenticarci dei numerosi crimini commessi dalla ‘’nostra’’ borghesia “stracciona”. Il tempo passa e l’Italia resta sempre la stessa: una nazione sub-imperialistica – un imperialismo con le toppe nel di dietro rispetto a Washington – capace d’accodarsi, senza farsi nemmeno troppo domande, ad orrendi eccidi coloniali. I volti della sua classe dirigente sono diversi, esprimono posizioni apparentemente difformi eppure il messaggio è sempre lo stesso: i popoli coloniali non devono autodeterminarsi. Il “picchiatore” Marco Minniti ed il procuratore –’ultra-reazionario – Nicola Gratteri, rientrano in questo indegno quadretto. Si tratta di due losche facce della stessa medaglia.
L’Africa è stata depredata dall’occidente capitalistico ed imperialistico, movimenti di liberazione nazionale e governi rivoluzionari – come quelli di Lumumba e Thomas Sankara – sono stati rovesciati da dittatori al servizio di Washington, Londra e Parigi, ma la preoccupazione di Minniti è quella di rispolverare la tradizione mussoliniana ed andare in Libia a costruire lager per migranti. Bisognerebbe spiegare a questo novello Mussolini – un Mussolini piccolo, piccolo rispetto a quello di casa a Washington,  Donald Trump (rovesciando la sua spregevole battuta contro i paesi del centro America) – che la Libia grazie al governo popolare di Gheddafi era uno dei paesi più prosperi di tutta l’Africa. E’ per distruggere una nazione ricca e sovrana che il sub-imperialismo italiano s’è accodato agli imperialismi francese, inglese e statunitense sbudellando lo stato libico? I lager di Minniti verranno costruiti sotto il patrocinio del Comando Africa della NATO, insomma siamo davanti all’ennesima porcheria della borghesia predatrice yankee.
Minniti è di fatto politicamente un reazionario e umanamente un codardo, con la sua ‘’tolleranza zero’’ verso i poveracci e le braccia mollicce con mafiosi, criminali e neofascisti. Il giornalista Antonio Mazzeo ha descritto, con dati inoppugnabili, i legami fra il Ministro dell’Interno, Marco Minniti, e gli Stati Uniti. Leggiamo: ‘’ La guerra a tutto campo contro il “terrorismo islamico” diviene un pallino fisso del capo politico dell’intelligence. Il 1° settembre 2016 a Palazzo Chigi s’insedia un’inedita creatura di Minniti: la “commissione di studio sul fenomeno dell’estremismo jihadista”. Coordinatore il prof. Lorenzo Vidino, docente alla George Washington University (accademia privata che ha forgiato alcuni potenti funzionari del dipartimento di Stato Usa e della CIA), in commissione siedono docenti di atenei italiani, la ricercatrice dell’Institute for National Security Studies di Tel Aviv Benedetta Berti e alcuni noti editorialisti come il direttore di Limes Lucio Caracciolo, Carlo Bonini di Repubblica e Marta Serafini del Corriere della Sera. Nei giorni scorsi Minniti e Gentiloni hanno presentato una prima elaborazione del pool di esperti. “I percorsi di radicalizzazione si sviluppano soprattutto in alcuni luoghi: nelle carceri da un lato e nella rete web dall’altro”, ha spiegato Gentiloni. “Insieme alla vigilanza massima e alla prevenzione per il rischio che la minaccia si riproponga, il governo è impegnato su politiche migratorie che devono coniugare l’attitudine umanitaria con politiche di rigore ed efficacia nei rimpatri”. Meno diplomatico il neoministro Minniti che ha preferito ai rimpatri la declinazione “espulsione”, preoccupato per il “pericolo crescente” della connection migranti irregolari – terrorismo. Con l’obiettivo di accelerare le espulsioni e rafforzare il controllo militare alla frontiera meridionale, Marco Minniti ha pianificato un tour mediterraneo per incontrare capi di Stato e ministri. I primi di gennaio si è recato a Tunisi e Tripoli per discutere di cooperazione bilaterale contro l’immigrazione clandestina e la “minaccia terroristica”. La missione in Libia, in particolare, segna “l’inizio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi”, dicono dal Viminale: Minniti e al Sarraj hanno concordato l’impegno ad affrontare insieme ogni forma di contrabbando e protezione delle frontiere, in particolare al confine meridionale, quello con Ciad e Sudan. Sempre a gennaio Minniti si recherà a Malta e in Egitto. Il governo chiede ai paesi nordafricani e ai partner sub-sahariani (Niger, Ciad, Somalia, Nigeria, Mali, Senegal) d’implementare i programmi elaborati in ambito Ue per impedire – manu militari – che i migranti provenienti dalle zone più interne del continente raggiungano le coste del Mediterraneo, creando altresì in loco grandi centri-hub di “assistenza e rimpatrio” di chi fugge da guerre e carestie. Alle onerose missioni navali per intercettare i barconi di migranti, il Viminale preferirebbe invece puntare sull’uso di sofisticati apparati d’intelligence, come ad esempio i satelliti militari Cosmo Skymed e i droni, sia quelli spia che armati, “strumenti fondamentali in ogni contesto asimmetrico” 1. Il ‘’mussoliniano’’ Minniti non conosce il ‘’made in Italy’’: docenti da Washington e Tel Aviv (i sionisti non potevano mancare) e sofisticate armi rigorosamente statunitensi. Un frequentatore dell’FBI come Nicola Gratteri – lo stesso FBI che spedisce al creatore circa 11.000 afroamericani ogni anno – dovrebbe essere contento di tanta devozione ai signori del linciaggio ed ai padroni delle carceri private (Gratteri vuole portare il modello carcerario USA in Italia?), del resto Minniti fa parte della Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis) un centro studi costruito a Roma, nel 2009, dallo stesso Ministro dell’Interno e dall’uomo di Gladio, Francesco Cossiga. Qual è l’obiettivo che si prefigge questa fondazione? Leggiamo ciò che riporta, con estrema precisione, Mazzeo: “La Fondazione ICSA si pone l’obiettivo di analizzare i principali aspetti connessi alla sicurezza nazionale e internazionale, all’evoluzione dei modelli di difesa militare, ai principali fenomeni criminali e del terrorismo in Italia e all’estero, alla sicurezza informatica e tecnologica dello Stato e dei cittadini”. Niente di nuovo, si cerca – in pochissime parole – di copiare gli apparati burocratici e repressivi USA.
Il procuratore Gratteri è stato molto duro con Minniti: «Non mi è piaciuta – dice Gratteri – la strategia di Minniti sull’immigrazione: non è da Stato occidentale costruire gabbie in Libia. Con un terzo della spesa si potrebbero mandare in Centro Africa i nostri servizi segreti per fermare i viaggi e costruire strade e aziende. Mentre parliamo ci sono donne violentate e bambini picchiati, non sto tranquillo solo perché in Italia ci sono duemila arrivi in meno» 2. Gratteri non spiega però che i popoli africani migrano in Europa per sfuggire alle guerre imposte dagli stessi Stati capitalistici occidentali. Gratteri non è forse al corrente che gli scafisti, che strumentalizzano i flussi migratori arricchendosi sulla pelle d’interi popoli e nazioni letteralmente disintegrate, rispondono – in larga parte – direttamente o indirettamente, allo speculatore internazionale George Soros? E cosa dire dei servizi d’intelligence italiani, corresponsabili dell’assassinio della giornalista Ilaria Alpi? Nicola Gratteri racconta solo una parte della storia, del resto l’imperialismo fa il suo lavoro e questo magistrato ne è soltanto un piccolo funzionario.
In Libia c’è un legittimo movimento di liberazione nazionale guidato da Aisha Gheddafi, sono questi combattenti gli unici autorizzati a governare e ricostruire, col consenso del popolo e dei lavoratori, il paese. L’imperialismo italiano, dovunque vada, non può essere il benvenuto. I campisti che hanno ripubblicato l’intervista al magistrato – mi riferisco al sito ‘’gramsciano’’ iskrae.eu – evidentemente si sono dimenticati che l’Italia è, anch’esso, un paese imperialistico e questo, per chi pretende di rifarsi all’eredità di Gramsci, è una lacuna molto grave. Gramsci avrebbe avuto – certamente – parole ben più dure nei confronti di un Gratteri; da quando i popoli permettono ad un paese colonialistico di ‘’costruirgli le strade’’? Un ‘’gramsciano’’ che scimmiotta le cose dette da un uomo dell’FBI dovrebbe, quanto meno, farsi un esame di coscienza. La borghesia nazionalistica, nel nord del mondo (nei paesi coloniali il discorso cambia), non è mai una compagna di strada, questo un marxista non può e non deve dimenticarselo.
Gratteri, nei suoi interventi, ha rimosso il ruolo della mafia nella costituzione d’un Deep State (Stato profondo) globale dove, a detta del preparatissimo Ferdinando Imposimato, Cosa Nostra è soltanto un braccio armato – come la CIA ed i neoconservatori mille volte più potenti – della nuova classe capitalistica transnazionale. Che cosa fa il magistrato calabrese? Vuole combattere la malavita organizzata bazzicando la destra USA, una posizione priva di senso oltre che anti-etica dato il crudele progetto dei neocon. Sarebbe un po’ come voler fare la rivoluzione col permesso dell’esercito. Non bisogna fidarsi di un personaggio simile, uno da tenere, con la guardia alzata, molto lontano. Questo, credo,  è ciò che Gramsci avrebbe detto.



http://www.linterferenza.info/attpol/minniti-gratteri-due-facce-della-stessa-medaglia/